La recessione economica del 2020, conseguente agli effetti della pandemia da COVID-19, ha determinato un significativo impatto sul mercato del lavoro, il cui calo occupazionale è stato comunque mitigato dalle misure di sostegno introdotte. La successiva ripresa, grazie soprattutto alle tipologie contrattuali subordinate a termine, è comunque dipendente dalla volatilità dei cicli economici. In questo contesto, le famiglie residenti (25,7 milioni) hanno almeno un appartenente alle forze di lavoro, ossia un occupato, un disoccupato o un inattivo. Attraverso il calcolo del livello di intensità lavorativa per nucleo familiare, emerge un'incidenza del 18,5% che presenta livelli bassi o molto bassi (composti per più del 90% da famiglie senza alcun occupato); di contro sono 12,6 milioni i nuclei con intensità alta o molto alta (formati nel 61,0% dei casi da famiglie con un occupato e nel 39,0% dei casi con due o più occupati). A livello territoriale, per maggiore intensità lavorativa, prevale il Nord rispetto al Mezzogiorno. Nel 2021, sono 4,9 milioni i soggetti che vivono in famiglie senza alcun occupato e con livelli di intensità lavorativa molto bassa. Analizzando poi la dimensione di genere per intensità lavorativa, emerge che, nelle coppie, la donna offre un apporto significativo solo in un caso su cinque; in presenza di figli, tale incidenza è del 17,3%. Sempre nello stesso periodo, inoltre, le famiglie con almeno un occupato part-time o autonomo senza dipendenti sono 3,8 milioni, spesso per cause involontarie, determinando così un'instabilità lavorativa e precarietà diffusa. Per quanto concerne il livello di soddisfazione delle famiglie rispetto al lavoro svolto, il 4,3% presenta un livello molto basso, il 6,3% un livello basso e l'11,6% medio; per il 54% la soddisfazione è elevata e nel 23,8% molto elevata.