Il tema relativo al divario territoriale tra Nord e Sud del Paese è considerato da tempo una questione da affrontare e, se possibile, risolvere. Da ultimo, lo stesso PNRR sottolinea la "questione meridionale" come aspetto a cui dedicare una priorità e destinare il 40% delle risorse complessivamente allocate. Esso intende colmare il gap esistente sia sul piano della coesione socio-economica, che su quello dell'accesso ai diritti di cittadinanza, anche i più elementari, che si traducono nell'erogazione e nella qualità dei servizi alle persone. Attraverso un'analisi comparativa sugli andamenti del Mezzogiorno rispetto al resto del Paese, dallo studio emerge la persistenza di divari strutturali, talvolta aumentati nel tempo e minimi processi di convergenza. Tra le evidenze emerse, il PIL del Sud è pari al 55%-58% di quello del Centro-Nord (18 mila euro contro 33 mila euro in termini reali). Circa il mercato del lavoro vi sono mediamente 3 occupati ogni dieci in meno nel Mezzogiorno rispetto al resto del Paese, con tassi di disoccupazione giovanile nel primo ambito superiori alla media (ciò ha determinato e sta determinando la ripresa dell'emigrazione di massa verso il Nord). Nonostante il forte recupero nei processi di digitalizzazione, il Mezzogiorno non ha ancora colmato il divario iniziale, con il 60% dei residenti che detiene ridotte possibilità di accesso alla banda ultra larga. Il livello di istruzione è poi ampiamente indietro, migliorando solo tra le giovani generazioni: tuttavia le competenze degli studenti del Sud risultano più basse in tutte le discipline, specie nelle materie STEM. Tutto ciò contribuisce alla tendenza di un progressivo calo demografico fino al 2030, quando i residenti del Mezzogiorno dovrebbero essere sotto la soglia dei 20 milioni di abitanti.