A cura di Claudio Tagliaferro. La ricerca, svolta dall'ISFOL su indicazione del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale - Direzione Generale Mercato del Lavoro, si è svolta in tre fasi:
- stima del lavoro sommerso e irregolare femminile a livello settoriale e territoriale analizzando i dati ISTAT;
- indagine di tipo quantitativo con somministrazione di un questionario chiuso strutturato, somministrato a 987 donne italiane e straniere (65% italiane, 34% straniere e 1% non specificate), ripartite in tre territori (306 a Torino, 351 a Roma e 330 a Bari) e coinvolte in attività sommerse o irregolari;
- indagine di tipo qualitativo, con interviste in profondità a 136 donne scelte tra quelle che avevano risposto ai questionari chiusi e realizzazione di 9 focus-group: sei a donne con un'occupazione sommersa o irregolare e tre con testimoni privilegiati.
Dalle stime elaborate a livello nazionale si è evidenziato che il numero dei lavoratori irregolari e sommersi, italiani e stranieri, nel 2005 è sceso, rispetto al 2001, dell'8,8%.
L'occupazione femminile sommersa e irregolare si attesterebbe intorno a circa 1 milione 352 mila unità, pari al 47,4% dell'occupazione sommersa e irregolare totale con sensibili differenze tra settori economici e aree geografiche. A livello settoriale il maggior numero di lavoratrici irregolari si registra nel settore dei servizi (56,9%) e in particolare nei comparti dell'istruzione, sanità e servizi sociali (79,6%) e dei servizi domestici presso le famiglie (77,7%). L'area geografica con la quota più elevata di sommerso e irregolare femminile è il Nord, con una percentuale pari a 64,2% contro il 31,5% per il Sud.
Per quanto attiene all'età, le intervistate si distribuiscono tra tutte le classi, con una prevalenza delle età tra i 25 e i 44 anni (65%). Fra i titoli di studio dichiarati dalle intervistate prevale il diploma di scuola media superiore (36%), discreta la presenza di titoli a livello universitario (13%). Come per il lavoro regolare, l'accesso al mercato del lavoro sommerso e irregolare avviene principalmente in modo informale, attraverso reti di relazioni personali e amicali (65%). Dalle risposte ai questionari emerge che l'assenza di contratto (64%) è di gran lunga più diffusa del contratto non rispettato (28%).
Quanto alle motivazioni che inducono le lavoratrici intervistate ad entrare nel mercato del lavoro in condizioni di irregolarità e a permanervi, prevale l'impossibilità di trovare un'occupazione regolare (44%). Si distinguono pertanto quattro principali tipologie di lavoro sommerso o irregolare:
- di necessità: per circa la metà delle donne intervistate la scelta del sommerso appare dettata dall'assenza di altre opportunità di lavoro (43%) o dalla necessità di integrare il reddito (6%). Per le straniere invece tale modalità occupazionale è imposta dall'esigenza di un alloggio e/o dalla mancanza del permesso di soggiorno (4%);
- di transizione: circa il 24% delle donne percepisce la propria situazione di irregolarità come transitoria, in quanto più facile via di acceso al mercato del lavoro, oppure un'opportunità per acquisire esperienza lavorativa funzionale alla crescita professionale;
- di convenienza: vi è anche una certa percentuale di donne (4%) che svolge un'attività irregolare per non perdere vantaggi già acquisiti (sussidi, assegni familiari ecc), o per evitare l'effetto fiscale del cumulo di più redditi;
- di conciliazione: per alcune donne (12%) il lavoro sommerso è compatibile con lo studio e permette la conciliazione dei tempi di lavoro con gli impegni familiari.
Dall'analisi dei risultati emersi dall'indagine appare necessario un ripensamento delle politiche di integrazione della componente femminile e un maggiore coinvolgimento delle donne nei percorsi di flessibilità e di conciliazione con le esigenze familiari.