La pandemia da COVID-19 ha determinato conseguenze fino a prima inimmaginabili sul tessuto sociale, economico ed occupazionale del nostro Paese, costituendo così uno shock improvviso sulla produzione di beni e servizi e sul mercato del lavoro. L'emergenza sanitaria, ancora in corso, determina così una perdurante situazione di incertezza sui tempi e sulle modalità della ripresa. Proprio in riferimento all'evoluzione del mercato del lavoro in Italia, dopo una dinamica fortemente negativa nei primi mesi dell'anno dovuta agli effetti delle misure di contenimento sociale imposte, da giugno a novembre sono stati recuperati 241 mila occupati, poco meno della metà della perdita innescata dalla pandemia, con un bilancio complessivo di 300 mila occupati in meno rispetto a febbraio. Le categorie più penalizzate dall'emergenza sanitaria sono state quelle già in precedenza caratterizzate da situazioni di svantaggio: giovani entro i 35 anni, donne e residenti nel Mezzogiorno. L'emergenza sanitaria ha anche prodotto un mutamento repentino e radicale della modalità di erogazione della prestazione lavorativa che è stata resa, laddove possibile, da remoto: il lavoro da casa, che nel 2019 coinvolgeva meno del 5% del totale degli occupati, nel secondo trimestre 2020 ha interessato il 19,4% dei lavoratori, per un totale di oltre 4 milioni di occupati. Circa le diverse strategie occupazionali delle imprese per la gestione del personale, sono stati combinati strumenti di flessibilità quantitativa ed organizzativa, fortemente influenzate dalle politiche di sostegno dispiegate durante tutta la fase emergenziale. Analizzando il flusso delle Comunicazioni obbligatorie, nel primo trimestre del 2020 il saldo medio tra attivazioni e cessazioni diminuisce con un valore positivo pari a 61 mila, nel secondo trimestre diventa negativo e nel terzo torna di nuovo positivo. La contrazione delle posizioni lavorative rispetto al 2019 ha interessato maggiormente la componente femminile con un divario che è aumentato progressivamente a partire dalla ripresa delle attività lavorative dopo la prima fase di emergenza sanitaria. Relativamente agli infortuni professionali, i primi nove mesi del 2020 evidenziano un quadro fortemente in calo rispetto al pari periodo dell’anno precedente (-15,8%), anche se la pandemia ha generato una nuova tipologia infortunistica, quella da contagio.